“Meditate gente, meditate…”

 

Alla fine di un anno solare, il 2020, certamente travagliato, propongo alla vostra lettura due brevi articoli che possono aiuatrci a vivere nella fede il passaggio tra il 2020 e il 2021, ringraziando il Signore per i suoi benefici, che mai mancano, pure in mezzo alle più dure prove, e così affrontare con prudente speranza il tempo che il Signore ci dona di vivere.

Quest’anno inatteso e da ricordare…

 

 
di GIORGIO PAOLUCCI, in Avvenire mercoledì 30 dicembre 2020

 

«Questo è un anno da dimenticare». Qualcuno lo ha già detto e scritto, e non è difficile prevedere che saranno in tanti a dirlo e a scriverlo in questi ultimi scampoli del 2020. E impressiona leggerlo nei whatsapp ricevuti in questi giorni da amici e conoscenti, pronti a voltare pagina per lasciarsi alle spalle un passato da dimenticare e votati alla speranza in un futuro che sarà certamente migliore, «perché peggio di così non potrà andare»… In questo desiderio di archiviare frettolosamente un passato che brucia, si cela la fragilità con cui affrontiamo il presente, l’illusione che il mondo abbia comunque davanti a sé le «magnifiche sorti e progressive» di leopardiana memoria.

E invece no. Questo 2020 non è un anno da dimenticare, ma da ricordare. Siamo andati a lezione di vita, una lezione più che mai “in presenza” anche quando avveniva a distanza, perché entrava nelle nostre carni, ci costringeva a guardare ciò che non avremmo voluto guardare. Abbiamo imparato molto. Anche duramente, anche sulla nostra pelle o su quella dei nostri cari.

Il coronavirus con la sua forza ha dimostrato la nostra fragilità, ha smantellato certezze dalle fondamenta deboli, ha ridimensionato i deliri di onnipotenza che più o meno consapevolmente avevamo coltivato, ci ha costretto a capire che non siamo padroni della nostra esistenza anche se tutti i giorni ci illudiamo del contrario.

Ora siamo più consapevoli che davvero nessuno si salva da solo – come continua a ripetere papa Francesco –, che l’uomo è una relazione, è fatto per stare con «l’altro», e che salvarsi da soli non è solo ingiusto, è soprattutto impossibile. Ci serve altro, ci serve ‘l’Altro’, che ci raggiunge con un volto umano, come il Natale è tornato a ricordarci in una stagione così drammatica.

Un’amica mi ha scritto: «Appena guarisco devo raccontarti quanto bene ho ricevuto nei giorni passati in ospedale, con il respiro affannato e la paura di non farcela, e gli occhi dei medici e degli infermieri che scrutavano i miei e mi infondevano anche solo un soffio di serenità, quanto bastava per aiutarmi a tenere duro, a lottare, a fidarmi e ad affidarmi a loro». Quanto bene è passato davanti agli occhi, quest’anno, anche quando gli occhi si sono chiusi per sempre. Un bene che documenta un Amore che si china sulle nostre ferite, non si fa fermare da nessuna forma di distanziamento, abbraccia la nostra debolezza, riaccende la fiamma della speranza che rischia di spegnersi.

Non archiviamolo così in fretta, questo 2020. Non mettiamogli sopra l’etichetta di annus horribilis lasciandoci cullare dall’illusione che d’ora un poi «andrà tutto bene». Ma è vero che da ogni difficoltà nasce una nuova possibilità. Ripartiamo dall’evidenza di una fragilità che, piaccia o non piaccia, è parte integrante della nostra umanità. E teniamo aperti gli occhi e il cuore per cogliere i segni di luce che possono illuminare il buio e indicare un sentiero su cui provare a incamminarci. Facciamo nostre le parole del cantautore americano Leonard Cohen: «Suonate le campane, che ancora possono suonare. Dimentica la tua offerta perfetta. C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce».

 

Addio 2020, arriva il 2021: vivere da cattolici la fine di un anno e l’inizio di uno nuovo

di Giulia Tanel, dal sito de Il Timone, 30 dicembre 2020

In questi ultimi giorni che ci separano da Capodanno sembrano essere due le frasi, comprensibili e apparentemente giustificate, che vanno per la maggiore: «È stato un anno da dimenticare» e «Speriamo che il 2021 sia migliore».

Accanto a questo, vi è chi, con puntualità, va a recuperare la “Nota dei propositi per il 2020” che aveva stilato al termine del 2019 per fare un bilancio e per stendere una nuova lista per l’anno venturo; chi invece preferisce affidarsi agli oroscopi e a previsioni varie ed eventuali; o vi è ancora chi non si cura molto del passaggio da un anno all’altro, tanto più che quest’anno risulta difficile segnare l’evento con una classica serata in compagnia.

Ebbene, in ottica cattolica, come è possibile e opportuno vivere questo “passaggio” del calendario, senza lasciarsi agganciare dalla materialità ma nel contempo senza lasciarsi andare in afflati spirituali che risultano poi essere poco sostenibili nel concreto della quotidianità?

TE DEUM LAUDAMUS…

Innanzitutto, in ottica cattolica, come la Chiesa invita a fare la sera del 31 dicembre con la recita del Te Deum, è opportuno fermarsi e ringraziare il Signore per l’anno che ci è stato donato, giornata dopo giornata. Un anno per certi aspetti faticoso per tutti, certamente, ma che è bene guardare anche nel suo portato di piccole Grazie quotidiane: il loockdown è stato duro? Sì, ma a tanti ha permesso di riscoprire il tempo passato in famiglia; la scuola è stata aperta a singhiozzo? Sì, ma magari questo ha permesso di comprenderne meglio il lavoro; le relazioni con l’esterno sono state più complicate? Sì, ma ciò ne ha messo ancora di più in luce il valore e ha portato chiarezza rispetto all’importanza di determinati rapporti… esempi simili ce ne sono moltissimi, e spesso è proprio laddove c’è una situazione conflittuale (interna a sé, nei rapporti, sul lavoro…), una sofferenza più o meno grande, che si cela una possibilità evolutiva di cambiamento, se la si sa sfruttare al meglio.

Dunque, anche alla fine di questo 2020, anziché lasciarsi andare a un facile e semplicistico «È stato un anno da dimenticare», è interessante provare a capovolgere la prospettiva: «Te Deum laudamus…».

… PER UN 2021 VISSUTO CON IL SIGNORE

«Soccorri i tuoi figli, Signore, /che hai redento col tuo Sangue prezioso. /Accoglici nella tua gloria /nell’assemblea dei santi». Prosegue così il testo del Te Deum, guardando con speranza al futuro che sarà pur nella consapevolezza della miseria umana. E proprio in questo troviamo un ulteriore indicazione nel guardare all’anno che si apre: non ha tanto senso affidarsi agli oroscopi o a riti di varia natura per propiziare un anno sotto il segno della fortuna, tanto quanto supplicare il Signore che ogni giorno sia un’occasione per convertirsi e affidarsi a Lui e aderire così al disegno pensato per la nostra vita.

Di questo avviso è fra Paulo Saavedra López, rettore della scuola Santa Rosa de Chosica (Perù) e vicario della parrocchia di Santo Toribio, che si è rivolto ai fedeli con queste parole: «È più corretto fare appello al Signore perché mi benedica nel prossimo anno, per voler unirmi e avvicinarmi a Lui in modo che io viva un anno a Lui dedicato, mettendo tutte le cose, i miei beni, la mia famiglia, ai Suoi piedi». Dunque, una domanda da cui partire è: come posso offrire la mia vita al Signore, nella certezza che Lui ci assiste in ogni momento? Il tutto guardando alla dinamica della croce, portando vita laddove c’è morte, luce dove c’è oscurità.

In questa progressione nella vita di fede può essere utile essere guidati e accompagnati da un bravo padre spirituale che, ha affermato Lee McDowell, del Lanteri Center for Ignatian Spirituality a Denver (Colorado), in un’intervista rilasciata alla Cna, «è una relazione di aiuto che consente ai cristiani di raggiungere la santità e le vette della contemplazione, che sono per ogni cristiano, e non solo per pochi elitari». Non si tratta di una consulenza pastorale e neppure di una confessione, bensì di una pratica che ha radici bibliche e che, come disse Benedetto XVI nel 2011, «la Chiesa continua a raccomandare […] a ogni cristiano che desidera vivere responsabilmente il suo battesimo, cioè la nuova vita in Cristo».